Torri di Pisa sconosciute (o quasi) nelle carte medievali – contributo

La torre appartenne (e appartiene) alle costruzioni umane ambiziose, delle quali, per fare qualche esempio in tempi molto distanti tra loro, furono rappresentanti l’arcinota torre di Babele (“la cui cima tocchi il cielo!”) o, nel Terzo Millennio, le Torri Gemelle del World Trade Center distrutte l’11 settembre 2001.
La torre ebbe come fine primo fine la difesa da un territorio potenzialmente pericoloso: indusse timore a chi guardava dall’esterno e fu punto di osservazione dall’interno. Servì anche per diffondere lontano il suono delle campane e quindi a radunare una comunità o un distretto. Una sua finalità secondaria ‘psicologica’, se così si può dire, fu di esibire con orgoglio e vanità la potenza e la ricchezza di una casata o l’inflessibilità di un stato, di un giudice o di un capitano.
“Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti ...” (Purg. VI, 13-15).

La torre caduta è il simbolo per eccellenza della fine di un dominio di questo mondo. D’altronde, con la sua ingombrante presenza, è essenzialmente proiettata in un futuro di distruzione, ‘fato’ che fu evidente nelle città medievali, dove l’epilogo del desiderio di grandezza dello stato e di nobili e famiglie, fu sottolineato dal loro atterramento.

Molte torri, più di quanto si immagini, furono edificate a Pisa nel medioevo, diverse dalle cosiddette case-torri in quanto ovviamente alte e isolate. Alcune sono rimaste fino ad ora, oscurate idealmente da una sola, la più bella e importante: il campanile del duomo o torre pendente.
Sfuggite al ridimensionamento della storia, queste sono elencate nei libri, nei cataloghi e pure in Wikipedia, dove, per dirla in breve si trovano ricordate la torre del Campano, “de Cantone” o Verga d’Oro, Guelfa, dei Lanfreducci, del Leone, del Lungarno Pacinotti, della Muda, di San Martino in Guatolongo, di Sant’Agnese, di Santa Maria, di via Cavalca e dei Visconti.
Altre torri medievali della città invece sono poco o per nulla conosciute. Appaiono occasionalmente, quasi improvvise, a rivendicare una memoria, nei documenti d’archivio, segnate singolarmente in brevi citazioni che ho raccolto sulla carta per non perderle. Con il tempo queste note hanno formato un elenco significativo che, senza pretese di completezza (anzi ripromettendomi di aggiornarlo ogni tanto), riporto come contributo alla storia della città. Chi vuole pertanto potrà fare confronti con le famiglie e i luoghi citati da diversi autori pisani e in particolare dai due autori di nome Emilio: Cristiani (Nobiltà e popolo ...) e Tolaini (Forma Pisarum).

In generale queste torri furono oggetto di compravendite o luoghi di redazione di atti notarili. Ebbero un portico, delle logge, delle botteghe, scale e ballatoi all’interno. In alcuni casi sono ricordate ai piedi del Ponte (Vecchio o Nuovo, quello più importante sull’Arno al centro della città) – che era nella parte corrispondente al suo lato meridionale – o al capo del Ponte – nel lato settentrionale.

TORRI DI PISA

Accatti (degli) nella cappella di San Sisto, con bottega (1267)
Alfiero (di maestro), dove si tiene la Dogana del sale (1268)
Arno (dell’), solaio inferiore del ballatoio degli eredi di Guido Pancia (1312)
Bacino (del) dei Guinizelli dei Sismondi, a tre solai presso la piazza di San Sebastiano ai piedi del ponte Vecchio (1355)
Benenati Cinquina (dei figli di) nella cappella di San Martino Guazzolongo su terra con il capo in carraia di Gonnella (1278)
Bianca e Nera o Vergata degli Alliata presso l’Arno (1316, 1334, 1338, 1343)
Bulli (dei) nella cappella di San Clemente, uno dei lati erano le “taberne maggiori” (1298)
Casapieri (dei) nella cappella di San Clemente, “in embulis Sindonum”, con solaio e ballatoio, luogo detto “Piedischala”, capo in via di Lungarno (1313, 1373, 1384)
Duodi e Gaetani (dei) in capo del Ponte Nuovo con solaio e bottega a piedi (1282, 1327)
Gherardesca (dei della) presso San Sebastiano nella carraia del Grasso, distrutta (1289)
Giudici di Arborea (dei) ai piedi del Ponte Vecchio (1303, 1316)
Goffredo di Aitante (e eredi di) con bottega (1268, 1303)
Gomita di Gomita argentario, con ballatoio (1297, 1378, 1397)
Gaddubi (dei) in cappella di san Donato, con bottega “de Cantone” della torre (1334, 1372, 1384) – esistente
Uguccio di Gaio (di) in cappella di San Martino alla Pietra con un quarto di bottega ai piedi (1378)
Guido di Bavoso (eredi di), bottega del ballatoio in capo del Ponte Vecchio (1264, 1278)
Ildebrandino di Nicchio o del Nicchio (di), presso la chiesa di San Pietro a Ischia (1233, 1290)
Laggi (dei) in Chinzica con portico (1260, 1284)
Leolo di Federico (eredi di) con bottega (1284)
Lotterio di Pulta (di), nel ballatoio della casa e torre, presso il ponte Vecchio (1252)
Ore (delle) nella cappella di San Clemente, nel primo solaio “pedalis” (1426)
— Montemagno (eredi dei da) nella cappella di San Pietro in Padude (1345)
Piero del fu Ranieri Capra (di) nella cappella di San Biagio alle Catene, davanti alla chiesa e presso il muro del Comune (1304)
Ranieri del fu Ubaldo (di), con ballatoio (1269)
Roncione (dei figli del fu) presso l’Arno in Chinzica (1196, 1223, 1228, 1229, 1243)
Saraceno (eredi di) in capo del Ponte Vecchio (1274)
Taccoli (dei), ai piedi del ponte Vecchio e con ballatoio (1337, 1345, 1346, 1365).

Paola Ircani Menichini, 18 gennaio 2024.
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